martedì 5 luglio 2011

famiglia, dalit e slum

La prima settimana di orientamento con l'associazione è stata per me un momento cruciale per entrare in contatto con la cultura indiana, con le innumerevoli tradizioni diverse che noi siamo stati invitati a rispettare. Ognuno dei volontari (unica italiana ovviamente) ha poi raggiunto il suo progetto di destinazione a Gangawati (ore di bus 10) e finalmente ho incontrato la mia "famiglia" indiana. Lo scambio culturale è assolutamente pazzesco, la migliore delle esperienze. Essere ospitati in una "bella" casa nel bel mezzo di 35 slum e poter vivere con gli ultimi degli ultimi pur avendo una famiglia d'appoggio è stato incredibile. Arrivata ho ricevuto una calorosa accoglienza con tanto di cerimonia di benvenuto con il rito della luce e delle polveri rosse sacre. Il secondo giorno mi hanno portato dal sindaco in persona, sono rimasta stupita dalla quantità di foto che possano farti i una giornata. Alla fine dei primi tre giorni non avevo ancora visto la scuola ma avevo incontrato tutte l autorità locali, le donne delle slum facevano letteralmente a botte (schiaffoni di preciso) per decidere da chi sarei dovuta andare a pranzo il giorno successivo, i bambini dalle strade smettevano di giocare quando passavo e mi seguivano festanti fino a casa. Un po' alla Domenica delle Palme, insomma Stupita dal mio successo ancora prima di iniziare mi stavo già preparando il programma da presentare alle due maestre della scuola, volevo lavorare assieme sulla capacità relazionale dei bambini, sul superamento delle differenze di casta, sulla loro capacità inventiva e relazionale. Dopo averne parlato con Vasanth Kumar, il mio papà indiano nonché responsabile del progetto in loco, e aver sondato un po' la situazione delle slum, ho subito accantonato i miei progetti. Lo smacco con la realtà dei dalit è durissimo. I dalit sono gli intoccabili, feccia della comunità, ultimi tra gli ultimi.... Non dimenticherò mai. Per la prima volta dopo una settimana ho pianto di tristezza. Bambini e maiali nelle stesse pozzanghere di liquami, bambinette che frugano tra i rifiuti in fiamme per cercare chissà cosa, madri bambine con scheletrini malvestiti appresso, deformità fisiche mai nemmeno pensate. Mi veniva da fare dietro-front e tornarmene a casa mia. Che ruolo può avere un educatore in quel macello? Che cosa posso fare io? Fatta mente locale ho ricordato una cosa che pochi giorni prima aveva detto una mia giovane mica dalla Danimarca. Le è stato chiesto perchè a 19 anni avesse scelto di venire tra le miserie dell'India e lei, tutta seria, aveva risposto: "'cause I feel like to have a mission. I don't think I can save anyone, but I can share my smile and my hands!" (trad: perchè sento come se avessi una missione qui. Non penso potrò salvare nessuno, ma posso condividere il mio sorriso e le mie mani). Cara Laura, avevi già vissuto un mese nelle baraccopoli in Nepal e avevi già le idee più chiare di me. Rimboccate le maniche ho steso un secondo abbozzo di progetto. Niente nero su bianco. Il mio progetto lo avrei costruito assieme a Vasanth ed Amma (avere una famiglia che ti accoglie e veglia su di te come una figlia è la parte più bella). assieme alle maestre e al "consiglio delle anziane", con le funzioni di direttore-guida economica e spirituale della scuola. "Solo chi vive nella Slum sa cos'è la miseria" mi diceva Vasanth. Credo di essermene fatta un idea anche se ci ho passato solo due mesi. Credo che a volte noi occidentali non ringraziamo Dio abbastanza.
Dopo qualche giorno di incontri, sorrisi, inchini e celebrazioni comincio a godermi la mia vita indiana, "nella buona e nella cattiva sorte" si direbbe.
Comincio a diventare il caso cittadino, non me lo spiego proprio. Poi Tony, il mio frtellino indiano dodicenne, mi spiega il perchè: "Sei la prima bianca che arriva in questo paese. Un mio amico mi ha chiesto se eri ammalata. Troppo pallida!" Ecco, e per fortuna che non sono proprio bianca...
Alcune considerazioni sulla vita in una familgia 100% indigena, unica bianca nel raggio di 3 ore di bus:
  •  Il bagno all'esterno (all'indiana ovviamente); l'acqua si attingeva da un rubinetto che dava sulla discarica e tutto il paese per le prime due settimane si sincerava che la mia naturale regolarità fosse apposto. Assolutamente imbarazzante
  • Condividere il letto con Amma, la mamma della famiglia. Interessante esperienza!Questo è il vero scambio culturale: quando gli uomini sono a letto il gossip indiano va a mille.
  • Una bambina della scuola dove avrei insegnato ha pianto da quando sono entrata in classe a quando sua mamma è venuta a prenderla. Da come mi guardavano lei e gli altri bambini ho cominciato a sentirmi in particolare sintonia con E.T.
Ah, Arunodaya, sole che sorge, la mia scuola. I miei bambini Ci ho lasciato un pezzo del mio cuore...Ma questo è un altro post!!!


 "Devi mangiare da me prima!!!"